Pochi giorni dopo il conferimento del Premio Acqui Inedito, eccomi a Milano per conoscere il doppiatore italiano di Morgan Freeman, Al Pacino, Gerard Depardieu: Ugo Maria Morosi. Rispettivamente figlio e nipote di Ugo e Mario Morosi, cioè i due orfani per i quali nel 1911 Giulio Gianelli scrisse la “Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino”, a loro dedicata.
Ecco l’intervista che ne è scaturita:
Ma Benjamin Button ha origini torinesi?
di Carlo Sburlati
Ugo Maria Morosi: «La fiaba che ispirò a Fitzgerald il personaggio poi interpretato sul grande schermo da Brad Pitt, fu scritta nel 1911 per mio padre e mio zio bambini»
«Ho doppiato i personaggi dei film Disney tenendo sempre nel cuore la bontà e la poesia dell’uomo dalla vita al contrario: Giulio Gianelli»
Che cosa hanno in comune l’attore e doppiatore Ugo Maria Morosi e il personaggio di Benjamin Button, che dall’omonimo racconto del 1922 di Francis Scott Fitzgerld è finito a Hollywood nel celebre film del 2008 con Brad Pitt, campione d’incassi e vincitore di tre Oscar?
Moltissimo, come emerso dal concorso Premio Acqui Edito e Inedito, recentemente istituito dall’Amministrazione Comunale di Acqui Terme e che ha visto la vittoria, per la sezione “Tesi di laurea/saggi storici” del volume Il misterioso caso di Benjamin Button da Torino a Hollywood di Patrizia Deabate. Il nuovo riconoscimento è appena nato per ma già forte del legame con il Premio Acqui Storia, grazie a Vito Gallotta, Aldo Alessandro Mola e Roberto Giacobbo, componenti della Giuria insieme a Fabrizio De Ferrari, Paolo Lingua, Monica Mazzocchi, Vittorio Rapetti. Il saggio di Patrizia Deabate sarà presto in libreria. In attesa della pubblicazione, che dovrebbe svelare le misteriose vie per le quali il racconto italiano sulla vita al contrario potrebbe avere dato ispirazione allo scrittore statunitense simbolo dei Ruggenti Anni Venti, la notizia del Premio Acqui ha indotto Ugo Maria Morosi a rendere pubblica una storia che per cent’anni è stata nota soltanto ad una ristretta cerchia di persone.
Morosi, classe 1941, nella sua lunga carriera ha inanellato ruoli di primo piano nei più importanti teatri italiani, accanto a registi e interpreti quali Luca Ronconi, Luchino Visconti, Garinei e Giovannini, Vittorio Gassman, Mariangela Melato, Johnny Dorelli, senza trascurare l’attività di doppiatore. La sua voce, ruvida e ricca di sfumature, in Italia è stata quella di Morgan Freeman, Gérard Depardieu, Jim Broadbent, Martin Sheen, Billy Crystal, Al Pacino e di altri celebri attori. A spasso con Daisy, Asterix e Obelix, Indiana Jones, Titanic, Ritorno a Cold Mountain, Harry Potter e la pietra filosofale, Il ritorno di Mary Poppins e, per i film d’animazione, Ribelle e Alla ricerca di Dory della Disney-Pixar, sono solo alcuni dei titoli che lo hanno visto all’opera.
L’incontro tra Morosi e Patrizia Deabate ha fornito l’occasione per rivolgere ad entrambi alcune domande.
Patrizia Deabate. Qual è l’origine dell’uomo dalla vita al contrario?
«Quando nel 2009 uscì nelle sale italiane il film Il curioso caso di Benjamin Button di David Fincher, con Brad Pitt e Cate Blanchett, tratto dal racconto di Francis Scott Fitzgerald, da più parti fu avanzata l’ipotesi di una derivazione della novella americana dalla Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino del poeta crepuscolare torinese Giulio Gianelli, amico di Guido Gozzano e, come lui, spento dalla tisi poco più che trentenne. Io ho indagato in questa direzione, scoprendo molte cose interessanti».
E cosa c’entra Ugo Maria Morosi?
«La fiaba di Pipino fu ideata da Gianelli per Ugo e Mario Morosi, due orfani che il poeta aveva salvato dalle macerie mentre svolgeva attività di soccorso volontario alle popolazioni colpite dal terremoto di Messina del 1908. Fu pubblicata a Torino nel 1911. L’edizione originale, di cui possiedo un raro esemplare, reca la dedica “A Ughetto e Mariù, due cuori nel mio cuore, questo libro, ispirato dalla loro dolcezza, dedico”. I due fratellini non furono soltanto i dedicatari e gli ispiratori della storia, ma furono anche inseriti, all’interno di essa, quali personaggi, con i loro veri nomi».
Chiediamo quindi all’attore: qual è il suo legame con i due orfani di Messina?
«Una parentela molto stretta: erano mio padre e mio zio. Mio padre Mario ha chiamato me come suo fratello Ugo che purtroppo morì in giovane età, appena terminati gli studi».
Che ruolo ha avuto il poeta Giulio Gianelli per la sua famiglia?
«Ha avuto un’importanza fondamentale. Noi siamo in sette tra fratelli e sorelle e siamo cresciuti nel culto del poeta trasmessoci dai nostri genitori. A me, essendo il letterato di famiglia, sono stati affidati i ricordi di Gianelli, tra cui una cartolina che Guido Gozzano gli aveva scritto di ritorno dal suo viaggio in India. A dirla tutta, era una missiva autocelebrativa, in cui Gozzano complimentandosi con Gianelli per le sue recenti poesie – “bravo Giulio, continua così”- scriveva che, appena sbarcato in Italia, aveva trovato casualmente su una bancarella una cartolina con il proprio ritratto, che è appunto quella che spedì all’amico e che io conservo. Si era recato in India per tentare di guarire dalla tisi. Ma, come noto, non c’è stato scampo per i due poeti torinesi affetti dalla stessa malattia: Gozzano morì nel 1916 a trentatrè anni; Gianelli era mancato nel 1914, a Roma, a trentacinque anni».
Come si prodigò Giulio Gianelli per suo padre e suo zio?
«Fu per loro un padre adottivo. Li trasse fuori dalle macerie e poi li portò con sé a Roma. Si occupò del loro sostentamento e riuscì a farli studiare presso il Collegio Nazzareno. Durante la ricreazione, passava a trovarli a scuola raccontando giorno per giorno la fiaba di Pipino, che nacque così. Poi li portava in vacanza con sé a Torino, dove c’era sempre qualche persona di buon cuore che offriva loro ospitalità. Gianelli sapeva trattare i bambini e farsi benvolere: aveva a che fare con i ragazzi a tempo pieno, dato che faceva il precettore».
Suo padre cosa vi raccontava del poeta?
«Quando eravamo ragazzi, io e i miei fratelli volevamo sempre ascoltare il racconto del terremoto e del poeta. Quell’evento, che ancora oggi è considerato il disastro naturale più devastante che abbia colpito l’Italia, suscitava la nostra curiosità. Mio padre aveva sedici anni quando Gianelli morì. Riuscì a terminare gli studi lavorando come precettore. Divenne medico. Era un uomo buono, un dottore che svolgeva il suo lavoro come una missione verso il prossimo: fu veramente figlio putativo del poeta, ne seguì l’esempio. Appena conseguita la laurea volle dedicarsi prima di tutto agli orfani. Quindi decise di andare a lavorare in un orfanotrofio a Monterosso al Mare, dove si innamorò di Angiola, la direttrice: mia madre. Di Gianelli ci ricordava sempre i due pregi fondamentali: la bontà e la poesia. Poi ci recitava una sua lirica con una voce che pareva arrivare da lontano: “O madre, nutrirla di pianti/la vita, ma in tua compagnia!…”».
Nella sua attività teatrale, le è successo di rendere omaggio a Giulio Gianelli?
Sì, due volte. La prima, ad una lettura di poeti crepuscolari organizzata dal Teatro Lirico di Trieste, con l’accompagnamento di un bravissimo pianista, il Maestro Paolo Longo che adesso è direttore musicale del Teatro Verdi di quella città.
La seconda volta fu al teatro Carignano di Torino, negli Anni Novanta. Mi trovavo lì con la compagnia dello Stabile di Genova con Mariangela Melato e portavamo in scena L’Affare Makropulos con la regia di Luca Ronconi. Era il periodo natalizio e, negli stessi giorni, al Teatro Regio si tenevano le repliche dell’opera lirica tratta da L’Affare Makropulos, anch’essa con la regia di Ronconi. Ricordo che le due compagnie, quella di prosa e quella lirica, passarono il Capodanno insieme e con loro ovviamente c’ero anch’io. Le due primedonne si incontrarono: la soprano Raina Kabaivanska fu generosa, prese l’iniziativa di rompere il ghiaccio con la Melato. L’allora direttore dello Stabile di Torino, Guido Davico Bonino, ci chiese il favore di regalare al pubblico degli abbonati un pomeriggio dedicato alle poesie di argomento natalizio. In quell’occasione, sul palcoscenico, io feci una sorpresa a tutti: colleghi e spettatori. Volli fare un omaggio a Giulio Gianelli, e così mi misi a raccontare al pubblico del Carignano la storia di mio padre e mio zio. Dissi che proprio da Torino era partito un poeta che sicuramente aveva amato il teatro, dato che, come noto, quando spirò a Roma, la grande Eleonora Duse gli portò personalmente un mazzo di fiori di campo. A quel poeta che aveva salvato mio padre io intendevo rendere omaggio declamando una sua breve lirica, l’unica che sapevo a memoria: Prima neve. Ma ero talmente emozionato, che fui preso da un improvviso vuoto di memoria…tutti erano in attesa, in religioso silenzio…ma, grazie a Dio o grazie all’anima del poeta, dopo un tempo che mi parve infinito la poesia mi tornò alla mente. Dice così: “Sorrisa da occhi già mesti / da voci giulive /di bimbi cui orna le vesti /discende da un grande mistero / la neve e descrive / ne l’aria un suo lento pensiero. / Su i tetti colore di rosa /su li alberi posa / un attimo, poi non è più. / Svanita siccome un pensiero / tornata al mistero! / Un’anima bella che fu.»
Bellissima. Quale lascito del poeta è stato prezioso per la sua attività artistica?
«Come diceva mio padre, la bontà e la poesia erano i principii dell’uomo che per lui fu un secondo papà e un maestro. E, quando mi è successo di doppiare i personaggi dei film della Disney, re Fergus in Ribelle, il polpo Hank in Alla ricerca di Dory, l’ammiraglio Boom in Il ritorno di Mary Poppins, sono stato felice di pensare che con quelle fiabe moderne avrei contribuito a far sorridere i bambini. Proprio come Gianelli che inventò la Storia di Pipino per divertire mio padre e mio zio…ma anche per trasmettere loro preziosi insegnamenti di vita, che poi sono arrivati a generazioni di ragazzi italiani. Quel libro infatti ha avuto numerose ristampe nel corso del Novecento, ha probabilmente ispirato a Gianni Rodari il personaggio del Barone Lamberto nella novella I misteri dell’Isola di San Giulio, è stato citato anche da Umberto Eco, che nel suo romanzo Baudolino, menziona espressamente Giulio Gianelli e la Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino».
A quanto pare, il libro di Gianelli ispirò anche Francis Scott Fitzgerald. Patrizia Deabate: quali sono i significati profondi del racconto? E soprattutto: se ne trova traccia anche nella novella americana?
«Il racconto di Gianelli è ricco di insegnamenti morali chiaramente individuabili, oltre che di un sottotesto denso di simbologie religiose. Da ricordare che, alla sua morte, Gianelli fu definito “Il poeta S. Francesco”, per la sua bontà, la devozione e l’amore per la natura. Nel racconto americano, sono presenti le stesse simbologie: Fitzgerald era cattolico e aveva per mentore un Monsignore, Padre Sigourney Fay, che nell’inverno 1917-18 si recò a Roma presso papa Benedetto XV per una delicata missione diplomatica. E l’altro mentore di Fitzgerald, colui che gli permise di pubblicare il suo primo romanzo con Scribner’s di New York, era Shane Leslie: pure lui diplomatico e cattolico, nonchè cugino di Winston Churchill. Tuttavia, non si può certamente affermare che lo scrittore americano abbia “rubato” l’idea a Gianelli. Gli ha anzi reso omaggio, lasciando nel suo racconto elementi sufficienti per risalire al poeta torinese».
E allora, perchè non lo citò esplicitamente?
Ho potuto constatare che Fitzgerald amava disseminare i suoi scritti di significati “in codice”. Certamente è più interessante lasciare segnali nascosti comprensibili soltanto a chi possiede determinate informazioni. Permette ad un’opera di continuare a rivelarsi decenni dopo in cui è stata scritta…di essere sempre nuova e giovane. Il motivo più pressante, però, credo fosse la sorveglianza da parte di Shane Leslie, che aveva già aspramente rimproverato Fitzgerald per avere inserito le lettere di Monsignor Fay nel suo romanzo Di qua dal Paradiso (1920) in un modo tale da renderne riconoscibile l’autore».
Qual è il significato della vita al contrario?
É un significato morale: Pipino segue un percorso a ritroso perchè è buono in un mondo dove invece regna la cattiveria. Esattamente come Benjamin Button. E come Gianelli. “Pipino” era, nella realtà, il soprannome di Gianelli stesso, dovuto alla sua abitudine di portare sempre con sé la pipa. Incontrare Ugo Maria Morosi ha significato, per me, scoprire avverata la profezia contenuta nel libro della Storia di Pipino. Nel finale, quando il protagonista sta rimpicciolendo sempre più ed è chiaro che presto scomparirà, Ugo e Mario dicono commossi che racconteranno la sua vita al contrario ai loro figli e tramanderanno il ricordo della sua bontà. Ora sappiamo che è stato veramente così: il merito della famiglia Morosi è quello di avere conservato e trasmesso il ricordo di Giulio Gianelli, l’uomo dalla vita al contrario che fu costellata di tribolazioni e sofferenze, sempre da lui affrontare con una saldissima fede in Dio e con la generosità verso il prossimo».
DISNEY RIBELLE in cui Morosi ha doppiato re Fergus, padre della protagonista MERIDA Il polpo HANK doppiato da Morosi in DISNEY_Alla-ricerca-di-dory Il ritorno di Mary Poppins, in cui Morosi ha dato la voce all’ammiraglio Boom
2 commenti su “Tra Natale e Capodanno 2019: a Milano per conoscere Ugo Maria Morosi.”
Trovo ora questo articolo, dopo essermi messa alla ricerca sul web di qualche informazione in più su Giulio Gianelli, protagonista dell’editoriale di oggi di Marcello Veneziani. Una storia meravigliosa, che mi ha commosso. Amo quest’uomo… leggendo la vicenda, l’intervista al nipote… cosa dire? Grazie. E’ difficile trovare le parole. Mi rendo conto che senza il tuo lavoro sarebbe stato impossibile incontrare questa storia. Hai aperto una porta su un mondo. Vedo che il tuo libro su IBS non è attualmente disponibile. Troverò comunque il modo di procurarmelo. Un caro abbraccio.
Grazie carissima di questo caloroso riscontro. L’articolo pubblicato da Marcello Veneziani per la Giornata Mondiale della Poesia, in cui ha avuto la bonta’ di ricordare Giulio Gianelli e il mio libro “Il misterioso caso del Benjamin Button da Torino a Hollywood, e’ veramente un pezzo poetico, commovente e che resta scolpito in chi lo legge!
Grazie e buona serata. Domani, con piu’ tempo, ti scrivero’ privatamente, con molto piacere! A presto