1789-1909: Giovinezza dalla Rivoluzione Francese all’inno di Oxilia. Attraverso La Libertà che guida il popolo (1830).

Intervista di Antonella Saracco a Patrizia Deabate.

Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, olio su tela, 1830, Louvre

Allora Patrizia, ci parli un po’ della tua ultima fatica?

E’ un saggio e s’intitola Le origini dell’Inno dei laureandi Il Commiato (1909). Uscirà a giugno sulla rivista Studi Piemontesi di Torino.
Ci dici in sintesi di cosa si tratta?
Riguarda la canzone Giovinezza, che, come noto, ben prima d’essere adottata quale “inno nazionale” durante il regime fascista, nacque come canto degli studenti universitari di Torino, nel 1909, composta dal poeta Nino Oxilia col titolo Il Commiato. In quest’ultimo lavoro ho cercato di ricostruire a ritroso il percorso della canzone, dimostrando che quella all’alba del ‘900 non fu una data d’inizio, bensì il punto d’arrivo di un cammino iniziato addirittura nel 1789 con la Rivoluzione Francese.

Come hai fatto a ricostruire questo percorso?
Diciamo che l’input è arrivato nel 2011, quando avevo appena pubblicato, sempre su Studi Piemontesi, lo scritto che ricordava il 100° della commedia Addio giovinezza! di Oxilia e Camasio. Trovai su internet una rivista interamente digitale, Griseldaonline, edita a cura dell’istituto di Italianistica dell’Università degli Studi di Bologna, della quale un numero era dedicato ai giovani. In particolare, il saggio di Ivan Rivalta Addio giovinezza! Analisi di un topos crepuscolare mi aprì gli occhi sui poeti che dovevano avere avuto una qualche importanza nella formazione di Nino Oxilia. Mi colpì una poesia del 1864 di Emilio Praga (il “Baudelaire italiano”, morto alcolizzato a 36 anni) che non avevo mai notato prima, in cui il poeta scapigliato supplicava la giovinezza di ispirargli l’“inno alato” con cui elevarsi al di sopra delle brutture della realtà per poter varcare l’oceano e raggiungere Victor Hugo.
E poi?
E poi volevo trovare le “prove” che Oxilia avesse letto quella poesia di Praga, quell’invocazione disperata alla giovinezza, prima di aver composto il Commiato. Così ho iniziato a mettere insieme i pezzi che avevo: dai memoriali lasciati dagli amici di Oxilia si capiva che per loro la Scapigliatura era un “mito”. Fino alla Prima Guerra Mondiale, a Torino i termini Goliardia e Scap. furono usati come sinonimi. Inoltre era esistita, contemporaneamente a quella milanese, una Scapigliatura torinese, da cui era uscita la genialità di Giuseppe Giacosa, che scrisse il libretto della celeberrima Bohème di Puccini. Su questo punto mi è stata d’aiuto la tesi di laurea di Giuseppe Mazzarino, discussa alla Sapienza di Roma trent’anni fa, che individua i legami tra i bohémiens parigini di Murger, gli Scapigliati che Giacosa mise nella Bohème e la commedia di Camasio e Oxilia Addio giovinezza!
Quindi avevi raccolto degli indizi ma ti mancava la “prova schiacciante”. E l’hai trovata?
Mi sono messa di buona voglia ad esaminare le poesie del Praga e un titolo mi ha colpito: Noli. Che è una bellissima località ligure, dalla storia gloriosa: fu la quinta Repubblica Marinara e già nel 1196 libero Comune. La poesia Noli mi ricordava qualcosa, e così, febbrilmente, colle mani che mi tremavano dall’emozione, ho aperto l’edizione oxiliana del 1973, che contiene molti inediti giovanili. E ho trovato ciò che cercavo: una poesia scritta da Oxilia quando aveva appena quindici anni, bellissima e dedicata a Noli, chiaramente ispirata a quella del 1864! Così ho avuto la prova che Oxilia lesse il Praga prima del 1909: il Commiato fu una “risposta” all’invocazione lanciata dal Poeta Maledetto quasi mezzo secolo prima.
E, secondo te, che importanza ha questa scoperta?
Bè, stabilito il legame del Commiato colla poesia di Praga, può essere utile chiedersi: perchè quest’ultima s’intitola A Vittor Hugo? E perchè proprio la giovinezza è il mezzo per raggiungere il grande scrittore francese?
Già: perchè?
Perchè la giovinezza rappresenta la purezza degli ideali non corrosi dalla disillusione. E Hugo incarna un ideale che non cede, perchè lo scrittore, avverso a Napoleone III, s’era ritirato in esilio su un’isola in mezzo all’oceano.
Nel 1864 era da poco stato pubblicato I Miserabili, giusto?
Sì, e stava ottenendo un successo internazionale. La personificazione della giovinezza nel grande romanzo, l’attenzione di Hugo per i giovani, è bene rappresentata dal monello di Parigi, il Gavroche. Pare che tale personaggio sia stato ispirato a Hugo dal ragazzino rivoluzionario al fianco della Libertà nel celeberrimo dipinto La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, del 1830.
Quest’anno è uscito nelle sale cinematografiche il film, made in U.S.A., tratto da I Miserabili…
Già. Io non l’ho visto ma ho letto un’acuta recensione sul blog Dusty Pages in Wonderland  che individua, in una scena, la somiglianza tra la posa dei rivoluzionari nel film e quella degli insorti del quadro di Delacroix. Un’ulteriore conferma di quel legame già individuato dai grandi studiosi.
 
Immagine del film tratta dalla recensione “I Miserabili di Tom Hooper”
a cura di MIKI dal blog  Dustypagesinwonderland
Siamo dunque arrivati indietro nel tempo fino al 1830. E la Rivoluzione Francese del 1789? Che c’entra?
C’entra perchè la rappresentazione artistica della Libertà, della Patria, della Repubblica, sensuali allegorie femminili affiancate da giovani e giovanissimi, inizia allora. Il mito della giovinezza, nato nella seconda metà del ‘700 con Goethe (I dolori del giovane Werther), con lo Sturm und Drang, esplode, in Europa, proprio con la Rivoluzione Francese, nell’esaltazione del giovane come protagonista della Storia, che può rigenerare l’umanità coi valori di Libertà, Eguaglianza, Fratellanza. I padri, la tradizione, il passato vengono ripudiati, in quanto appartenenti all’odiato “Antico Regime”.E, come noto, sono gli slanci ideali della giovinezza che hanno portato il tricolore francese a divenire tricolore italiano.
Ti riferisci all’insurrezione di Bologna del 1793 in cui, grazie a due studenti, nacque la futura bandiera italiana?
Esattamente, nella notte del 13 novembre 1793 Giovanni Battista De Rolandis, 19enne originario di Castell’Alfero vicino ad Asti e il suo compagno di studi Luigi Zamboni, infiammati dagli eventi che succedevano in Francia, tentarono una sommossa. Volendo darsi un distintivo, pensarono alle coccarde francesi: scelsero il rosso e il bianco ch’erano i colori delle loro città, Asti e Bologna, cui aggiunsero il verde nella speranza che tutto il popolo si unisse alla rivoluzione. Furono cucite da Brigida Zamboni e Barbara Borghi, madre e zia dello studente bolognese. La sommossa fu stroncata e i giovani arrestati: uno si suicidò in carcere e l’altro finì alla forca. Oggi, a Bologna, la via che fronteggia l’Università è dedicata a Zamboni, mentre il Museo degli Studenti custodisce il primo tricolore italiano nato in quella notte drammatica.
Questa rivolta è anche legata alle vicende di Ugo Foscolo, vero?
Sì, infatti alcuni anni dopo questi eventi, le carte del processo Zamboni-De Rolandis furono visionate da Ugo Foscolo che ne trasse ispirazione per le sue Ultime lettere a Jacopo Ortis. Lasciato il manoscritto incompleto ad un editore bolognese, Foscolo partì per Venezia. Il testo finì nelle mani di un correttore di bozze ben particolare: Angelo Sassoli, amico traditore di Zamboni e De Rolandis, responsabile del loro arresto e della loro morte. Il delatore manipolò lo scritto ponendo se stesso come destinatario delle lettere e facendo tali pasticci che il Foscolo, infuriato, quando lo seppe disconobbe pubblicamente le tre prime edizioni della sua opera.
Quindi il mito della giovinezza esplose con la Rivoluzione Francese per poi passare al Risorgimento italiano?
E’ così. Lo testimoniano, tra l’altro, la “Giovine Italia” e la “Giovine Europa” di Mazzini. Dobbiamo a tre giovanissimi studenti i simboli del nostro Stato: oltre a Zamboni e De Rolandis, c’è da ricordare che Mameli morì a 22 anni per difendere la Repubblica Romana.
Ai tempi di Oxilia c’era la “Giovane Trieste” nella città mitteleuropea. E la canzone di Oxilia del 1909 era irredentista. E poi nello stesso anno del Commiato, nel 1909, dalle colonne del Figaro di Parigi esplodeva un’altra rivoluzione giovanilistica, prettamente italiana: il Futurismo.
Qual era la rivoluzione che volevano i giovani d’inizio ‘900?
Oltreconfine, gli studenti italiani sudditi degli Asburgo manifestavano per ottenere un’università italiana e venivano arrestati e malmenati dalla polizia: perfettamente logico che la fratellanza goliardica nazionale fosse solidale. L’Austria era uno stato autoritario, esponente dell’Antico Regime, retta da un vecchio imperatore a cui piacevano talmente i giovani e le idee nuove, che il suo stesso figlio aveva preferito suicidarsi (la famosa tragedia di Mayerling). A Torino gli studenti andavano a tirare sassi contro le finestre del Consolato d’Austria cantando le stesse parole che si cantavano a Trieste: era un inno irredentista tratto da una poesia risorgimentale di Goffredo Mameli.
Quindi, tornando a Giovinezza, si può dire che quando Mussolini la adottò, intese così farsi erede della “storia europea delle rivoluzioni” iniziata a Parigi nel 1789?
Il regime esaltò un giovanissimo rivoluzionario italiano, cioè il Balilla, iniziatore dell’insurrezione di Genova contro gli austriaci nel 1746. Quello fu però un episodio isolato, nulla a che fare con la svolta culturale “di massa” che 43 anni dopo avrebbe portato la “giovinezza” alla ribalta della Storia. Alcuni intellettuali fascisti teorizzarono il regime come esito ideale della Rivoluzione Francese (mentre altri invece la ripudiavano). Il dato di fatto oggettivo è che ne mutuarono importanti aspetti, come l’esaltazione della giovinezza e il culto dello Stato attraverso la creazione di riti e simboli.
Quando pensiamo a Giovinezza, dovremmo quindi associarla, più che al Balilla, al ragazzino che sta al Louvre, dipinto accanto alla Libertà che impugna il tricolore?
Il Balilla fu già incastonato nell’Inno di Mameli, nel 1847, dove sta ancora adesso. Quanto alla Libertà che guida il popolo, ha una storia davvero incredibile: esposto in Francia ad ogni rivoluzione, nascosto quando se ne temeva il potere incendiario; è stato usato come simbolo del Sessantotto, delle battaglie femministe, della Liberazione nel 1945, della lotta d’indipendenza dell’Algeria dalla Francia, della Resistenza in Polonia, dei Repubblicani nella guerra civile spagnola del 1936…
Anche Giovinezza è stata usata da fronti diversi: prima Arditi durante la Grande Guerra, e poi i rossi durante il Biennio Rosso, gli squadristi…
Quando una cosa è bella la vogliono tutti. Oxilia nel 1909 seppe afferrare in un colpo più di cent’anni di Storia, non solo passata ma pure futura. Come scrisse Baudelaire nel suo Inno alla Bellezza: Vieni, o Bellezza, dal profondo cielo/ o sbuchi dall’abisso? Infernale e divino/ versa insieme, confusi, la carità e il delitto/ il tuo sguardo: assomigli, in questo, al vino.
Baudelaire fu il critico più acuto dell’opera di Delacroix, il quale ebbe forti suggestioni artistiche dalle opere dei suoi amici scrittori a propria volta ispirò Hugo.
Le commistioni tra le arti sono quelle di cui si occupa la tua Associazione Porto d’Arti?
Sì: trovare i collegamenti trasversali è davvero appassionante e, soprattutto, secondo me è un terreno poco esplorato.
In ultimo, poco prima di licenziare la versione definitiva del saggio, ho fatto una scoperta inquietante: in un volume del 1963 il più grande critico d’arte di Francia, René Huyghe, descrisse la potenza della Libertà che guida il popolo con parole quasi uguali a quelle usate da Giulio Gianelli, un amico di Oxilia, in una poesia del 1907 dedicata alla giovinezza. Naturalmente Huyghe non copiò Gianelli. Ma se usarono espressioni così simili, a tali distanze di tempo e di spazio, forse è il segno che quel dipinto abitava davvero nell’immaginario di quel gruppo di poeti d’inizio ‘900 innamorati della giovinezza.
E hai fatto altre scoperte “inquietanti”?
Bè, adesso si finisce nelle “chiacchiere esoteriche da bar” se vogliamo riferire tutte le coincidenze di questa storia: Oxilia nacque a Torino nel 1889, 100 anni dopo la Rivoluzione Francese, il 13 novembre come la sommossa da cui originò il tricolore italiano, lo stesso anno in cui l’editore Casanova ristampava, a Torino, Emilio Praga, la raccolta di A Vittor Hugo. Qui lo Scapigliato aveva esaltato i “vent’anni”, ch’era l’età di Oxilia nel 1909 quando avrebbe esaudito la preghiera del suo maestro maledetto,distrutto dall’assenzio perchè a lui la giovinezza non aveva ispirato l’”inno alato”. Quindi: 1789-1909.
Proprio vero che Torino è crocevia di misteri…
Anche crocevia di inni. Furono musicati tutti lì: quello di Mameli nel 1847 e pure la Marcia Reale, nel 1831, divenuta poi inno ufficiale del Regno d’Italia fino al 1946. Comunque, Torino è speciale, coi suoi porticati fu la musa ispiratrice di Giorgio De Chirico che la definì “la città più inquietante ed enigmatica del mondo”.Oxilia in un certo senso profetizzò il proprio destino con l’inno Giovinezza: avrebbe potuto benissimo far la guerra nelle retrovie, ma insistette invece per andare in prima linea, dove morì, nel 1917. Fu coerente con la sua strofa irredentista del 1909: Ma se un dì venisse un grido/ dai fratelli non redenti/ alla morte sorridenti/ il nemico ci vedrà!
Che non è poi tanto diversa da ciò che cantiamo ai Mondiali: siam pronti alla morte l’Italia chiamò.
E come fu la vita di Oxilia?
Dopo il successo di Addio giovinezza!, nel 1911, si dedicò al cinema, divenendo regista. Allora Torino era la capitale del cinema italiano. Si legò quindi ad una delle più importanti dive italiane, Maria Jacobini, appartenente ad una nobile famiglia romana. E si trasferirono entrambi a Roma: ci restano bellissime poesie dedicate a Maria e al loro amore nella Città Eterna. Seguì il corso allievi ufficiali a Viterbo per restarle vicino. Una curiosità: nei suoi ultimi anni, fino al ’43, la Jacobini fu docente al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove di lì a non molto si sarebbero conosciuti Domenico Modugno e Franca Gandolfi, altra coppia d’arte.
Ma secondo te, Patrizia, perchè è importante studiare la storia?
Perchè solo i posteri possono conoscere veramente ciò che successe in un certo periodo. Quando tutti i protagonisti dei “segreti che scottano” sono morti e sepolti, allora vengono aperti gli archivi, e si ha anche il distacco necessario per giudicare obiettivamente.
Credi che leggendo ogni giorno tutti i giornali e seguendo tutti i Tg, questo basti a capire fino in fondo cosa sta succedendo oggi in Italia, nel mondo?
Almeno, studiando la storia, se qualcuno tenta di fregarti usando un trucco vecchio, te ne dovresti accorgere…
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5 commenti su “1789-1909: Giovinezza dalla Rivoluzione Francese all’inno di Oxilia. Attraverso La Libertà che guida il popolo (1830).”

  1. Carissima,

    complimenti per l´impegno e i vari passi in avanti in ambito letterario. Hai tutta la mia stima quando dici nell´intervista che la storia va studiata per capire quello che é sfuggito a chi l´ha vissuta in prima persona. Siamo in un´epoca in cui si sfatano i miti costruiti in precedenza e si hanno i mezzi per andare a fondo nelle cose. Io sono se non altro avvantaggiato, non so praticamente un tubo della storia ufficiale quindi son meno riluttante ad accogliere le scoperte nuove anche se spesso inaspettate e poco ortodosse agli occhi degli esperti.
    Vien quasi voglia di leggere i libri di cui parli, qui ovviamente impossibili da reperire, ma continuo a seguire i tuoi percorsi e se fai scoperte nuove o hai pagine da segnalare son cose sempre gradite.

    A presto

    Bisciuzzo

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